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london concert

Sergio d’Alesio: London Concert un concerto di solo piano che le ha dato molte soddisfazioni. È un lavoro di stampo ambient nato dall’improvvisazione ispirata che, almeno al momento dell’esibizione, non si proponeva come uno strumento sonoro curativo?

Capitanata: A Londra è stata un’esperienza indimenticabile. Quando sono entrato in teatro a provare lo strumento e il riverbero acustico della location, avevo già deciso di sedermi al piano e creare nel momento presente.

Pur utilizzando fraseggi, note e accordi che predispongono a un ascolto profondo e terapeutico, avevo l’intenzione di proporre la mia musica, attraverso una improvvisazione curativa delle armoniche che facessero star bene quel tipo di pubblico inglese, notoriamente molto attento e concentrato che frequenta le sale dei concerti.

Anche se la decisione può sembrare rischiosa, era l’unico modo per offrire al pubblico un dono musicale del tutto speciale. La mia, comunque, è stata una scelta di fede e di cammino spirituale.

L’arte dell’improvvisazione curativa ha origini antiche, remote; molto probabilmente è la forma primordiale della musica, la più slegata da strutture archetipe che, accumulatesi nel corso dell’evoluzione della civiltà, hanno progressivamente irrigidito quest’arte secolare.

L’improvvisazione curativa la si attua quando il musicista diventa un canale e ogni nota prodotta è partorita nel momento stesso in cui viene concepita. Nulla è riconducibile ad alcuna melodia nota, ma ciò che ci viene offerto è una suggestiva serie di esplorazioni, di elaborazioni, in cui si è totalmente immersi e coinvolti in questo processo di creazione.

Ricordo lucidamente che quella sera a Londra le mani si intrecciavano sul pianoforte, alla ricerca esasperata di note inarrivabili, o di qualche melodia inconsueta; un mosaico di note, alcune alte e acute, altre basse e cupe, con frequenti e veloci passaggi tra queste due estremità allo scopo di creare un vero e proprio rituale sonoro.

Se si ascolta con attenzione, London Concert si può notare come tutto sia assolutamente indefinibile ed imprevedibile e quando è così tutto diventa magia poiché sei come un esploratore che guida l’ascoltatore in un viaggio nell’anima, dove il primo a meravigliarsi è proprio l’artista…

Nel momento stesso in cui, in questo meraviglioso collage di suoni e colori, sembra di scorgere una melodia nota e vagamente conosciuta, arriva una nuova improvvisazione che riconduce il tutto nella più totale oscurità. Personalmente, mi sentivo come se fossi un corpo unico con il piano, assolutamente inseparabile e indivisibile in un viaggio creato semplicemente dalle emozioni.

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