Sergio d’Alesio: Nelle sue produzioni, lei utilizza spesso i suoni della flora e della fauna della natura; mi sembra un ottimo strumento per completare l’armonia e il relax dell’ascoltatore, stimolando uno stato di calma, di serenità e di profondo equilibrio spirituale. In sintesi, lei oggi come vede il futuro della musicoterapia?
Capitanata: il futuro della musicoterapia è da collocare sempre di più nel contesto delle medicine complementari.
Oggi gli scienziati, i medici e i ricercatori stanno solo riportando alla luce con strumenti diversi un fattore d’equilibrio vitale che è sempre stato presente nell’antichità sul pianeta Terra. In realtà è una relazione funzionale e vitale che lega la salute umana alla musica e all’universo.
Basta pensare che nell’antica India l’equilibrio alterato dalla malattia poteva essere ristabilito attraverso azioni esterne riequilibratici: questa entropia è riordinabile con l’uso di musica ricca d’armonia.
Gli assiri svilupparono nuove azioni mediche, grazie all’osservazione dei sintomi, la diagnosi e la prognosi unite al canto continuo di tipo religioso e all’idea di purezza della vita, dettata da un’igiene di vita individuale e sociale. In questa prospettiva, la musica era considerata uno strumento di igiene mentale.
Dal canto suo, la cultura scientifica greca ha introdotto la medicina ippocratica e, in particolare, Pitagora adattò la scala naturale armonica alla musica.
Su questa scia, i medici greci prescrivevano trattamenti in cui lo stato di salute si raggiunge in sinergia con la condizione di rilassamento e di distensione raggiunta attraverso la musica.
Platone definiva la costituzione del mondo secondo i principi della musica, codificando una serie di principi, assiomi e punti di partenza destinati alla società. Al riguardo, asseriva che la musica agisce sulla parte irrazionale dell’Io. La vita dell’uomo è scandita dal ritmo e dall’armonia. Una buona educazione musicale forma un certo tipo di carattere e l’espressione più alta della musica è la filosofia che la pervade profondamente.
Aristotele univa, invece, gli effetti della musica al miglioramento della morale, alla riduzione dell’ansia, alla ricerca della serenità e della calma.
A mio avviso la sensibilità musicale si divide in tre gradi: il ritmo, la melodia e la musica vera e propria. Il ritmo è l’elemento più sensuale della musica, quello che ha una influenza solamente fisica, mentre la melodia ha una “efficacia psichica”, cioè emotiva o affettiva. Il terzo grado, infine, è la pura contemplazione artistica, cioè la riflessione sulla natura del bello musicale.
I greci adattarono e fecero loro la seconda di queste condizioni.
Per loro la musica aveva valore solo in quanto agiva sulla loro anima, e anche, sulla loro volontà; ne subivano al più alto grado gli effetti e la concepivano come un linguaggio universale.
Fu quindi naturale che i filosofi e i politici si occupassero di questa forza misteriosa, gli uni per conoscerne i modi e le origini, gli altri per porla al servizio dell’etica, cioè per valersene come di una medicina morale, approfittando dei buoni impulsi che la musica poteva donare al popolo paralizzandone le cattive influenze sulla società.
Ne nacque la dottrina dell’ethos fondata essenzialmente su questo postulato: la musica non solo può modificare o determinare i nostri stati d’animo, ma può anche agire sulle facoltà volitive.
In India invece il principio base del Nada Brahma Yoga, descritto nei testi vedici in merito alla funzione della musica, affermava che dapprima è necessario purificare la mente riportandola sotto controllo, quindi occorreva regolare le percezioni sensorie per avere una vita più armoniosa.
Successivamente era possibile irradiare vibrazioni sonore e utilizzare specifici passaggi e determinati movimenti musicali per permettere all’ascoltatore di curarsi da solo, aiutando l’autoregolazione dei vari sistemi dell’organismo.
Un antico racconto vedico narra che il saggio Narada andò da Dio a lamentarsi del disordine e della disarmonia che regnava a quel tempo sulla Terra e ricevette da Lui, come rimedio, le note musicali e le leggi delle interrelazioni tra i suoni.
Il principio del “Suono Cosmico” è alla base della cultura vedica. Il suono permea profondamente le culture orientali a tal punto che oggi lo studioso newyorkese Guy Beck le descrive come “Teologie Soniche”. In esse la genesi del mondo e della materia avvengono tramite un “suono primordiale” che dà forma ad un pensiero di Dio e lo proietta nell’universo.
Da par suo, Andrew Gladzewski ha eseguito una ricerca su modelli atomici, piante, cristalli e armonie in musica e concluse che gli atomi sono risonatori armonici, dimostrando che la realtà fisica davvero è governata da ordini geometrici basati sulle frequenze dei suoni.
Una musica appropriata favorisce l’apertura di canali che consentono il flusso di reazioni affettive, con la possibilità di migliorare il controllo tonico-emozionale, inoltre risveglia tutti i chakra, i nostri centri energetici, riorganizza i nostri desideri, regola la produzione e il riassorbimento di neurotrasmettitori e peptidi, cioè di quelle macromolecole che alleviano il dolore e la sofferenza, agendo su specifici recettori cerebrali.
Il corpo umano, messo in vibrazione con la musica, vibra a sua volta e quando le onde vibratorie stanno per estinguersi nascono nell’interno dell’essere dei suoni e delle vibrazioni più sottili, come una nebbia sonora che smuove gli strati più profondi della coscienza. È importante saper ascoltare il ritmo al punto da identificarsi con esso. Ascoltare significa prestare attenzione e l’uomo stesso è l’oggetto del suo ascolto.
Dobbiamo lasciare che la sensazione di essere colui che ode si trasformi nella sensazione dell’ascoltare, dobbiamo trasformarci in suono, in vibrazione.
Riguardo alle opinioni degli illustri “testimonial” raccolte in questo libro, condivido pienamente le teorie di Jonathan Goldman e abbraccio caldamente l’idea di Steven Halpern sulla musica come nutrizione dell’anima. E ovviamente stimo profondamente il lavoro compositivo di Richard Wright, Mike Oldfield e Vangelis…