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ARTICOLO A CURA DI ELENA ANGELUCCI

Le voci degli animali e della natura, in generale, mi hanno sempre incuriosita, fin da bambina, ma non tanto per il suono, quanto perché mi sarebbe molto piaciuto comprenderne il messaggio.
Da piccola ascoltavo e riascoltavo un 45 giri con la registrazione delle voci degli animali della foresta, c’era anche il frusciare del vento tra le foglie degli alberi e la voce allegra dell’acqua del ruscello.

Da più grande, essendomi avvicinata alla danza, incominciai ad apprezzare molto anche la musica classica.


Poi un giorno, una mia amica mi fece ascoltare una musica particolarmente benefica e rilassante con la quale riuscii a sistemare un problema di salute: lei mi disse, che quella musica era curativa perché le sue vibrazioni si sintonizzavano con le nostre cellule, era la musica a 432 hertz.

Da quel giorno non ho più smesso di ascoltarla e il mio modo di vivere ha preso una direzione diversa.

Queste vibrazioni sonore mi permettevano di rilassarmi, di addormentarmi più velocemente, di meditare e mi aiutavano anche a portare dentro le mie cellule la guarigione, poiché erano per me antistress, mi liberavano la mente e comunicavano con il mio cuore.


Tutto ciò che ci circonda ed i nostri stessi organi vibrano e queste frequenze vibratorie si diffondono; come quando gettiamo un sasso nell’acqua, si formano dei cerchi concentrici, che si dilatano man mano imprimendo quella vibrazione nella zona circostante.


Mi chiederete a questo punto che significato abbia il titolo del mio articolo Api e Musica a 432 Hertz.


Ve lo svelo subito: sono Naturopata ed ho qualche alveare.

Diciamo che mi sono sentita scelta dalle Api per custodirle, l’ho avvertito in una meditazione che ho fatto il 25 dicembre 2019 nel mio apiario con l’utilizzo della musica a 432 hertz, che ho condiviso con queste creature dalla saggezza millenaria.

Per me le Api rappresentano l’Amore universale.

La prima volta che ho aperto un alveare ero senza guanti, le ho accarezzate, nessuna mi ha punto.
Mi emoziono ogni volta che apro un alveare, e prima di aprirlo chiedo sempre il loro permesso, annuso e

mi metto in un contatto sensoriale con questo Superorganismo, così come è stato definito l’Essere vivente Alveare da B.Holldobler e E.O. Wilson nel libro IL SUPERORGANISMO in cui parla degli insetti sociali.

Dalle Api dobbiamo imparare a lasciare andare la nostra parte egoica: esse superano l’individualismo e lavorano in gruppo per la sopravvivenza della loro famiglia.

E’ per questo che l’alveare è stato definito Superorganismo, perchè agisce come una intelligenza unitaria fatta di tanti singoli cervelli che hanno lo stesso scopo: sopravvivere superando l’Io.

Il loro ronzio mi cattura o meglio mi invita ad entrare nella loro casa ed io mi sento come se stessi proprio lì dentro, sento benessere fisico, psicologico e mi sento guarita.

Dopo quella meditazione natalizia ho pensato di utilizzare la musica a frequenza 432 hertz per tutta la stagione apistica 2020 (da marzo a settembre più o meno) e queste sono le mie osservazioni sul campo.

Ogni volta che mi recavo in apiario accendevo la musica, mettevo in tasca l’amplificatore, ed incominciavo i miei lavori con loro.

Le Api vivono al buio all’interno del loro nido e la loro comunicazione avviene attraverso vibrazioni e feromoni. Qui mi concentrerò sulle vibrazioni.

Le api non possiedono un organo acustico come il nostro orecchio, ma sentono le vibrazioni attraverso un sensore (chiamato organo di Johnston) posto sulle antenne e tramite neurotrasmettitori posti sulle zampe.

In base ai lavori che esse svolgono all’interno del nido (nutrimento larve, pulizia cellette, trofallassi, introduzione di scorte nelle cellette ecc.) le loro frequenze vibratorie variano da 15 a 320 hertz e non sono neppure costanti durante la giornata ed è questo il loro linguaggio (canto).

Il canto delle Api non è sempre uguale: cambia molto dalla primavera all’estate fino all’autunno e non solo in base alle stagioni, ma anche in base ai lavori che avvengono all’interno dell’alveare.

In primavera è il canto del risveglio, a cui segue quello dell’amore (le Api fanno l’amore coi fiori) e poi c’è quello della rinascita (sciamatura, che rappresenta il loro modo di riprodursi), lo sciame infatti è il figlio della famiglia.

La famiglia genera una nuova Regina che, una volta fecondata, prenderà il posto di quella vecchia, mentre la Regina vecchia andrà a cercare una nuova casa insieme a circa il 30% della colonia.

Un particolare che mi ha sempre affascinato è stato che la Regina Madre, in genere, non abbandona mai la colonia prima che la nuova Regina sia feconda, e questo è un modo per preservare la continuazione della specie.

In estate abbiamo il canto dell’abbondanza, della raccolta del nettare dai fiori che le bottinatrici trasformeranno in miele attraverso i loro enzimi digestivi e del polline che servirà, insieme alla pappa reale per nutrire le giovani larve ed i fuchi (i maschi delle api).

La pappa reale prodotta da ghiandole delle nutrici servirà per nutrire la regina per tutta la sua vita.

Poi c’è il canto dell’orfanità: quando una famiglia resta senza regina.

Ed infine c’è quello autunnale più pacato e lento, in quanto la stagione volge al termine; infatti dopo il solstizio d’estate la regina incomincia a deporre meno uova e soprattutto meno uova maschili, in quanto i fuchi servono soltanto in estate per riscaldare le larve e per la fecondazione, poi in autunno vengono uccisi o cacciati dalla famiglia perché non in grado di alimentarsi da soli ed essendo più grossi consumerebbero anche più scorte.

In inverno l’alveare è popolato solo da femmine.
Perciò mi sono detta, se esse comunicano tramite vibrazioni, è tramite vibrazioni che anch’io posso comunicare con loro e dato che queste vibrazioni musicali generano in me così tanta calma, proprio come il loro ronzio, allora posso utilizzare questa melodia per calmarle e riuscire a comprenderne il linguaggio, oppure aiutarle a fare meglio il loro lavoro.

Mi sono messa in osservazione seduta di fianco ad un’arnia con la musica accesa.
Senza musica il loro volo era disordinato poi piano piano si orientava a suono di musica.

Aprivo l’arnia e c’erano alcune famiglie che mi aggredivano, nonostante chiedessi il permesso di entrare e sorridessi a tutte. Poi piano piano che le note scorrevano esse si calmavano e non avevo neppure più bisogno di utilizzare l’affumicatore per farle spostare, evitavo così di ucciderne qualcuna per errore (per me ogni Ape è una creatura sacra!).

A quel punto la famiglia, calma, si lasciava guardare da me e sollevavo i telai per osservare la salute, il loro lavoro e la covata.

Ho notato che la Regina è ben protetta dalle sue ancelle mentre depone o viene accudita e nutrita, ma con la musica emetteva un fischio tipico che non mi era mai accaduto di sentire, un fischio simile ad un Si della durata di qualche secondo.

Quando non avevo lavori urgenti da fare accendevo la musica e a piedi nudi passeggiavo tra le arnie o mi mettevo in osservazione.

Gli atterraggi sul predellino erano più dolci, le bottinatrici con il polline si adagiavano delicatamente all’ingresso dell’alveare facendosi riconoscere dalle guardiane prima di entrare.

Da queste piccole osservazioni penso che questo tipo di musica influenzi in maniera benefica anche le api, oltre che noi esseri umani; devo dire che l’ho utilizzata anche per la guarigione del mio cane da due ischemie, ed è migliorato molto.

Le nostre cellule e quelle degli animali, (e credo anche quelle delle piante) sono come dei diapason che si sintonizzano sulla frequenza a 432 hertz, in più si attiva la produzione di feromoni in noi ed in loro (le api vivono di feromoni, come quelli emessi dalla regina).

Sono piccoli esperimenti i miei e meriterebbero forse una osservazione più scientifica, chissà… Intanto ringrazio Rino Capitanata per avermi permesso di descriverli e condividerli.

L’alveare ha lavorato molto bene nella stagione 2020 ed anche le patologie e i parassiti hanno attaccato meno le famiglie.

Finalmente con questo approccio musicale sono riuscita a realizzare una parte del mio desiderio di bambina, comunicare con gli animali, ascoltare col cuore un mondo completamente diverso dal nostro, ma soprattutto più consapevole del nostro.

Questo mi ha aiutato ad amarle sempre di più.

Sono custode delle api, non le allevo, cerco di aiutarle a sopravvivere per il compito che hanno per il nostro pianeta: senza di loro l’85% del nostro cibo non esisterebbe.

Nello stesso tempo loro si prendono cura di me, soprattutto quando sono triste o stressata le ascolto ed il loro ronzio è per me curativo.

Alcuni esperimenti hanno dimostrato che il ronzio genera benessere per chi soffre di acufeni e di insonnia.

Non ho esperienza personale nel campo dello sciamanesimo, tuttavia ho letto alcuni articoli molto interessanti che riguardano appunto le Api.

Devo dire che per quanto mi riguarda, ho avvicinato le Api a mani nude e scalza per sentire la terra e la musica mi ha guidato all’interno dell’alveare come se fossi una di loro, è stata una esperienza sensoriale molto carica di energia. In quei momenti non sono più io, ma loro a guidarmi.

Più le frequenti più ne comprendi i bisogni e gli insegnamenti. Oppure mi arrivano delle risposte quando medito con loro.

Ho letto che in passato le Api venivano considerate degli intermediari tra il mondo reale e la dimensione mistica.

Collego questo alle punture d’Ape che a volte prendo e che sono molto dolorose. Soprattutto lungo i meridiani dell’agopuntura, il veleno d’Ape provoca delle fitte così forti da farti quasi impazzire, e mentre soffro nella mia mente sento ancora il loro ronzio e durante il sonno mi capita anche di sognarle.

Nella storia si hanno testimonianze simili da Senofonte, risalenti al IV secolo a.C., e da Gneo Pompeo Magno risalenti al 67 a.C., quando alcune truppe di eserciti in battaglia si avvelenarono proprio nutrendosi con un miele particolare, che viene raccolto dalle Api che bottinano una pianta della famiglia del Rododendro in Turchia con proprietà psicoattive e medicinali il Deli Bal.

Uno dei primi studiosi che ha collegato la biologia dell’arnia, quella tra Api e fiori con lo sciamanesimo è stato Simon Buxton (The sciamanic way of the Bee) uno degli anziani della cosiddetta “Via del polline”.

Egli racconta di come fu guarito da una grave forma di encefalite attraverso il veleno d’Ape che gli fu iniettato con diverse punture dell’insetto da un vecchio apicoltore guaritore. Questo apicoltore aveva un rapporto soprannaturale con queste creature.

Negli scritti di Buxton sono riportati argomenti, che poi sono stati trattati anche da moderni studiosi, come l’accoppiamento appassionato della Regina, che costerà la vita al fuco; la geometria sacra ad esagono delle cellette del nido, considerata come la forma più armoniosa che permette una crescita ed uno sviluppo perfetti e, infine, il misterioso numero 8 che, messo in orizzontale, rappresenta l’infinito e che le Api utilizzano nella loro danza (insieme alle vibrazioni ed ai feromoni) per indicare alle sorelle l’esatta posizione dei fiori.

Successivamente anche Mark L. Winston nel testo “Il tempo delle Api” spiega che siamo affascinati da queste creature in quanto esse vogliono insegnarci cose che noi umani ignoriamo ed anche qui l’autore offre spunti di sciamanesimo.

Concludendo credo sia doveroso ringraziare sempre le Api in quanto ci permettono di entrare in contatto con la natura attraverso la loro resilienza, ma non solo, esse ci insegnano che l’individualismo va superato e che se l’uomo vuole sopravvivere deve deporre l’Ego a favore della condivisione.

 

Di seguito la musica utilizzata da elena e descritta nell’articolo

Amore senza fine: le qualità dell’anima

 

 

 

Il codice gregoriano: il canto del paradiso

 

 

 

Autoguarigione: Musiche e parole per il benessere psicofisico

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